GUERRA RUSSO/UCRAINA: DOV’E’ LA DIPLOMAZIA
ITALIANA?
Totò: amici… devo confessarvi che questa guerra, la tragica
guerra che si sta combattendo in Ucraina incomincia a preoccuparmi non poco.
Nenè: sono in troppi a parlarne comodamente seduti negli studi
televisivi come se commentassero una partita di calcio, mentre migliaia di
persone da entrambi le parti perdono la vita.
Santo: sarebbe il caso che abbassassero i toni, politici e commentatori,
un po' tutti quanti: prima o dopo i
contendenti dovranno sedersi attorno a un tavolo e i continui vicendevoli
attacchi non sono un buon viatico perché allontanano sempre più la prospettiva
di una pacifica soluzione tra le parti. .
Ambrogio: da quello che ci fan vedere in televisione questa
non è più una guerra! E’ la distruzione totale dell’Ucraina e quindi mi chiedo
per quanto tempo ancora il popolo ucraino possa resistere.
Totò: E’ da qualche giorno invero che incomincio a chiedermi fin dove coloro,
che aderendo alle pressanti richieste di fornitura di armi da parte del Presidente
ucraino Zelensky, vogliano portare le sofferenze del popolo ucraino. Ebbene sono
arrivato a questa conclusione: ritengo che coloro che inviano armi all’Ucraina
dovrebbero ben riflettere dinnanzi alle disumane sofferenze patite dalle inermi
popolazioni ucraine costrette ad una storica diaspora. Del resto poi, se la
Russia ha dichiarato di considerare cobelligeranti coloro che aiutano
militarmente l’Ucraina, bisogna fare di tutto per non ampliare il perimetro del
conflitto pena il rischio di fare dell’Europa un enorme campo di battaglia così
come avvenne nel secondo conflitto mondiale.
Santo: pur condividendo la tesi dell’amico Totò mi chiedo
quale possa essere la via d’uscita più praticabile per bloccare questa tragedia
che attualmente ci parla di 40.000 civili uccisi e di oltre quattro milioni di profughi.
Nenè: Prof. Vezio come
rispondiamo alle osservazioni degli amici Santo e Totò?
Vezio: grazie. Amici… poiché la guerra si svolge di fatto in
Europa, parliamo dell’Europa. Ebbene, devo purtroppo constatare come la nostra
Europa abbia cominciato da subito, a mio avviso sbagliando, a parlare di invio
di armi all’Ucraina e rinunciato di fatto a ritagliarsi un ruolo attivo
per la costruzione di alternative soluzioni pacifiche tra i due belligeranti.
La guerra, è bene ricordarlo, è un affare troppo serio e pericoloso per
lasciarlo in mano ai soli nostri strateghi militari: anche questi ultimi non
possono ignorare che si potrà anche vincere una battaglia ma che le guerre non
le vince mai nessuno perché alla fine sono sempre e comunque una tragedia per
le popolazioni: il numero delle vittime e dei profughi ricordatici dall’amico
Santo ne sono una triste testimonianza.
L’invio di armi, così come se si trattasse di confetti, a uno dei
belligeranti non solo non risolve il problema ma l’acuisce.
Santo: prof. visto che la guerra con il suo carico di vittime
civili, militari e di drammi è qui vicino a noi in tutta la drammaticità, la
domanda diventa imperiosa: come uscirne?
Vezio: si potrebbe uscirne ricorrendo al
cosiddetto “lancio della spugna” cui
talvolta si ricorre durante gli incontri di pugilato. .
Quando infatti durante
un combattimento l’allenatore di uno dei due pugili “lancia l’asciugamano sul ring”
chiede di fatto all’arbitro di dichiarare chiuso il combattimento perché
ritiene che il suo pugile non sia più
nelle condizioni psicofisiche per continuare l’incontro.
Il lancio della spugna è il segno della resa di un
pugile quando i suoi assistenti all’angolo capiscono che per il loro
pugile continuare significherebbe solamente prendere colpi inutilmente dall’avversario,
mentre con il lancio della spugna prudenzialmente prevengono l’eventualità di
un drammatico epilogo del match per il loro assistito. Il mestiere di chi sta all’angolo consiste
primariamente quindi nel garantire l’incolumità al suo pugile qualora durante
l’incontro venisse a trovarsi in
evidente difficoltà.
Gli addetti ai lavori e gli psicologi infatti ci dicono come
sia difficile trovare un pugile in grado di rendersi conto durante l’incontro
che le difficoltà risultano superiori alle sue forze e che, riconoscendo la sua
inferiorità, si arrenda. Proprio a questo
servono le persone al suo angolo: gettare la spugna sul ring per salvaguardare
l’integrità fisica del loro assistito e consentirgli dopo l’incontro di andare
a casa e non all’ospedale.
Santo: alquanto suggestiva la sua metafora! Confesso però che
se ho individuato nei due pugili sul ring i due eserciti, quello russo e quello
ucraino, forse non ho saputo individuare coloro che sono rappresentati dagli
assistenti d’angolo.
Vezio: gli assistenti d’angolo? Sicuramente gli U. S. A. e
l’Europa sono i soggetti che dovrebbero svolgere tale ruolo nella in questa
tragica circostanza.
Nenè: prof. lo stanno svolgendo? Ricordo, ritornando a quella
che l’amico Santo ha definito “metafora”, che a nessuno degli assistenti
d’angolo è consentito, fino a quando l’arbitro non dichiara la conclusione
dell’incontro, di salire sul ring pena la loro squalifica dalle autorità
sportive federali.
Mi sembra invece che Europa e Stati Uniti d’America nel
momento in cui hanno deciso di inviare armi all’Ucraina sono diventati di fatto
degli assistenti d’angolo che sono saliti sul ring violando palesemente le
regole del gioco e abbandonando di fatto il ruolo di mediatori tra i belligeranti.
Le armi, amici miei, le considero in questa circostanza benzina sul fuoco.
L’intensità raggiunta dallo scontro tra gli opposti schieramenti dopo la
fornitura delle armi richieste e l’eccessivo numero di morti dell’una e
dell’altra parte gelano ogni speranza di addivenire quanto prima alla stipula
di un duraturo accordo di pace.
Purtroppo avendo il nostro Paese optato sin dall’inizio per l’invio di armi agli Ucraini, ha di fatto
rinunciato a svolgere quella che è la funzione per eccellenza della diplomazia:
prevenire se possibile e comunque evitare l’inasprimento dei conflitti
attraverso la messa in campo di strumenti per una soluzione pacifica di questa tragica
controversia. E così purtroppo non è stato!
Cosa ci raccontano queste posizioni così palesemente
interventiste dell’America e dell’Italia se non il fallimento delle loro
diplomazie internazionali? Se i loro canali diplomatici si fossero attivati sin
dalle prime avvisaglie di questo conflitto forse oggi non avremmo la diaspora di oltre
quattro milioni di Ucraini verso i Paesi europei e la perdita di decine di migliaia
di vite umane.
Purtroppo ancora una volta s’è preferito, forse anche per
interessi inconfessabili, il rumoroso crepitio delle armi all’umile e
silenziosa pacatezza della discussione. Questa è la mia opinione.
(Dai Dialoghi svolti al Circolo della Concordia)
Giuseppe Castronovo
gcastronovo.blogspot.it