QUANDO IL
CARCERE DIVENTA UN GIRONE INFERNALE
Totò: amici… notizia davvero
raccapricciante e dolorosa quella che arriva dalle carceri “Vallette” e dal Palazzo di Giustizia di Torino.
Enzo: ne parlavano l’altro
giorno gli amici Nenè e il Prof. Vezio: un giovane di appena 28 anni che nel
2019 muore in carcere dopo aver perso, tra l’altro, 25 chili di peso.
Santo: Nenè… visto che conoscete la vicenda diteci di più.
Nenè: ci dicono le poche testate giornalistiche, che si sono
interessate del caso, che il ventottenne Antonio
Raddi, detenuto nella Casa Circondariale “Vallette” di Torino, nel mese di agosto del 2019 cominciò a lamentare
che non riusciva più a deglutire e quindi cominciò a rifiutare il cibo. Gli
operatori del carcere, pensando che simulasse, non gli credettero e non
approfondirono più di tanto la natura del suo malessere. Nel frattempo il
detenuto dimagriva vistosamente e quando nel mese di dicembre dello stesso anno
morì aveva perso 25 chili.
Santo: 25 chili in 4 mesi!
Troppi perché non intervenisse almeno l’equipe sanitaria dell’ospedale.
Marco: mi chiedo come mai non
sia intervenuto il giudice di sorveglianza. Ma fu avvisato del caso, e se
avvisato quali furono i provvedimenti adottati?
Ambrogio: una vicenda che ci
mostra una galleria degli errori – oserei dire orrori – da parte di tutti
coloro che erano, a vario titolo, tenuti ad affrontare il caso: penso agli
operatori carcerari (lo psicologo ad esempio),
al Tribunale e al Magistrato di Sorveglianza.
Totò: Prof. Vezio…una sua
riflessione.
Vezio: dopo gli interventi
degli amici che mi hanno preceduto vi invito a fare queste ulteriori riflessioni:
-il Sig. Antonio Raddi i
cominciò a lamentare dei disturbi nel mese di agosto e muore a dicembre. Un
arco di tempo abbastanza lungo per non fare degli approfondimenti diagnostici
sulla natura del malessere manifestato: era da tutti constatabile come di
giorno in giorno dimagrisse in modo così vistoso. Di tutto ciò nient’ altro che banchi di
nebbia.
Da parte mia aggiungo ancora:
-In carcere ovviamente si sta
male, ma se ci si ammala proprio lì dentro e poi si deve vivere da ammalati in celle che, quando va bene, non rispettano
nemmeno i rapporti aeroilluminanti, la situazione diventa davvero inumana e terribile.
-Quello che è avvenuto dentro
il carcere (non uso volutamente l’eufemismo “Casa Circondariale) è un modo indegno di amministrare la
Giustizia nel nostro Paese che dinnanzi a simili casi evidentemente ha
dimostrato che civile non è.
-La Giustizia è una bella parola, invece Carcere è una parola brutta; ma quando si fa morire una persona in carcere, come è successo all’amico (permettetemi che lo chiami così) Antonio
Raddi, anche le parole Giustizia e
Magistratura diventano parole brutte.
-La vita deve essere più vivibile anche in carcere perché la vita è sempre degna di essere vissuta in
modo dignitoso anche lì. Permettetemi un’ultima considerazione.
Santo: continui pure.
Vezio: La nostra Corte costituzionale
con la Sentenza numero 167 del 29 aprile 1999, dopo aver evidenziato la centralità
riconosciuta alla persona umana dalla nostra Carta costituzionale del 1948, prosegue
affermando che “il principio
personalista ispira la Carta costituzionale e pone come fine ultimo dell’organizzazione
sociale lo sviluppo di ogni singola persona umana”.
Una Costituzione la nostra che
sancendo il valore primario della dignità umana, considera i diritti della
persona alla stregua di valori supremi e quindi inviolabili.
Purtroppo dobbiamo amaramente
constatare che nella vicenda dell’amico Raddi l’insegnamento della Corte
costituzionale è stato del tutto ignorato.
(Dai Dialoghi svolti al
Circolo della Concordia)
gcastronovo.blogspot.it