giovedì 30 dicembre 2021

 

QUANDO  IL  CARCERE DIVENTA  UN  GIRONE INFERNALE

Totò: amici… notizia davvero raccapricciante e dolorosa quella che arriva dalle carceri “Vallette” e dal Palazzo di Giustizia di Torino.

Enzo: ne parlavano l’altro giorno gli amici Nenè e il Prof. Vezio: un giovane di appena 28 anni che nel 2019 muore in carcere dopo aver perso, tra l’altro, 25 chili di peso.

Santo: Nenè… visto che conoscete la vicenda diteci di più.

Nenè: ci dicono le poche testate giornalistiche, che si sono interessate del caso, che il ventottenne Antonio Raddi, detenuto nella Casa Circondariale “Vallette” di Torino, nel mese di agosto del 2019 cominciò a lamentare che non riusciva più a deglutire e quindi cominciò a rifiutare il cibo. Gli operatori del carcere, pensando che simulasse, non gli credettero e non approfondirono più di tanto la natura del suo malessere. Nel frattempo il detenuto dimagriva vistosamente e quando nel mese di dicembre dello stesso anno morì aveva perso 25 chili.

Santo: 25 chili in 4 mesi! Troppi perché non intervenisse almeno l’equipe sanitaria dell’ospedale.

Marco: mi chiedo come mai non sia intervenuto il giudice di sorveglianza. Ma fu avvisato del caso, e se avvisato quali furono i provvedimenti adottati?

Ambrogio: una vicenda che ci mostra una galleria degli errori – oserei dire orrori – da parte di tutti coloro che erano, a vario titolo, tenuti ad affrontare il caso: penso agli operatori carcerari (lo psicologo ad esempio),  al Tribunale e al Magistrato  di Sorveglianza.

Totò: Prof. Vezio…una sua riflessione.

Vezio: dopo gli interventi degli amici che mi hanno preceduto vi invito a fare queste ulteriori riflessioni:

-il Sig. Antonio Raddi i cominciò a lamentare dei disturbi nel mese di agosto e muore a dicembre. Un arco di tempo abbastanza lungo per non fare degli approfondimenti diagnostici sulla natura del malessere manifestato: era da tutti constatabile come di giorno in giorno dimagrisse in modo così vistoso.  Di tutto ciò nient’ altro che banchi di nebbia.  

Da parte mia aggiungo ancora:

-In carcere ovviamente si sta male, ma se ci si ammala proprio lì dentro e poi si deve vivere da ammalati  in celle che, quando va bene, non rispettano nemmeno i rapporti aeroilluminanti, la situazione diventa davvero  inumana e terribile.

-Quello che è avvenuto dentro il carcere (non uso volutamente l’eufemismo “Casa Circondariale) è un modo indegno di amministrare la Giustizia nel nostro Paese che dinnanzi a simili casi evidentemente ha dimostrato che civile non è.

-La Giustizia è una bella parola, invece Carcere è una parola brutta; ma quando si  fa morire una persona  in carcere, come è successo all’amico  (permettetemi che lo chiami così) Antonio Raddi,  anche le parole Giustizia e Magistratura diventano parole brutte.

-La vita deve essere più vivibile anche in carcere perché la vita è sempre degna di essere vissuta in modo dignitoso anche lì. Permettetemi un’ultima considerazione.

Santo: continui pure.

Vezio: La nostra Corte costituzionale con la Sentenza numero 167 del 29 aprile 1999, dopo aver evidenziato  la centralità riconosciuta alla persona umana dalla nostra Carta costituzionale del 1948, prosegue affermando che “il principio personalista ispira la Carta costituzionale e pone come fine ultimo dell’organizzazione sociale lo sviluppo di ogni singola persona umana”.

Una Costituzione la nostra che sancendo il valore primario della dignità umana, considera i diritti della persona alla stregua di valori supremi e quindi inviolabili.

Purtroppo dobbiamo amaramente constatare che nella vicenda dell’amico Raddi l’insegnamento della Corte costituzionale è stato del tutto ignorato.

 

(Dai Dialoghi svolti al Circolo della Concordia)

 

gcastronovo.blogspot.it

 

 

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