PROVERBIO DEL
GIORNO
(25 DICEMBRE, NATALE)
A
NATALE
FREDDO CORDIALE.
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COMUNE DI AGNA (PADOVA)
ALLE SCUOLE ELEMENTARI “DE AMICIS”
GESU’ DIVENTA CUCU’
La decisione
di togliere ogni riferimento al Natale cattolico dal testo della recita
natalizia, per non creare disagi negli alunni di altre religioni – così hanno
motivato la loro decisione gli insegnanti
- sta provocando una seri di polemiche.
Queste alcune
delle modifiche:
sta per
nascere Gesù diventa dall’alto fa cucù
Natale di
Gesù diventa festa nel cielo blu
Signori
Insegnanti una domanda:
Per
andare dove volete andare dove andiamo?
Nell’attesa
di una vostra risposta, che sicuramente non mancherà, Vi consiglio anche la
filastrocca scioglilingua che cantavamo tanti anni fa:
Il cucù disse al cacà
che ne pensi del fefè?
Il fefè fa la pipì
la fefè fa la pupù.
La recita fu
un trionfo di allegria e tanti dolci per tutti noi.
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PROVERBIO DEL
GIORNO
(18 DICEMBRE, SAN GRAZIANO)
A SAN GRAZIANO
LO SCALDINO IN MANO.
Il proverbio trae origine dal fatto
che
la tradizione popolare, che associa
l’inizio
del periodo più freddo dell’anno
al giorno di Santa Lucia, ci ricorda
che
in questo periodo, nelle case il freddo
veniva mitigato con bracieri e
scaldini
alimentati a legna .
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PROVERBIO DEL
GIORNO
(11 DICEMBRE, SAN DAMASO I°, PAPA)
SE SAN DAMASO VENERATE,
SARETE IN PACE CON CHI AMATE
Grazie alla sua iniziativa nel
Concilio, chiamato poi
Ecumenico Costantinopolitano II°,
fu promulgato il “Credo” detto “Niceno-Costantinopolitano
nella versione che oggi si recita
nella Messa.
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RIFLESSIONE DELLA
DOMENICA
LA “SCOMMESSA DI PASCAL” CIRCA
L’ESISTENZA DI DIO”
“CREDERE IN DIO CONVIENE PERCHE’:
-SE DIO ESISTE, SI OTTIENE LA
SALVEZZA;
- SE CI SBAGLIAMO, SI E’ VISSUTA UN’ESISTENZA
LIETA RISPETTO ALLA CONSAPEVOLEZZA
DI FINIRE I N POLVERE”
Il
ragionamento logico del matematico/filosofo BLAISE PASCAL (1623/1662) circa l’esistenza
di Dio.
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NOME: ROSSELLA NAPPINI
ANNI: 52
PROFESSIONE: INFERMIERA
RESIDENZA: ROMA
VITTIMA DELLA VIOLENZA SULLE DONNE
Vorrei che domani 25 novembre, in occasione della Giornata
internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, si parlasse
anche della tragica fine di ROSSELLA NAPPINI.
Perché vogliamo
ricordarla?
Perché, nonostante la sua tragica fine, non è stata oggetto dell’attenzione
necessaria né della stampa, né della politica.
In breve.
La Rossella ha una relazione con un extracomunitario, il,
marocchino Adhil Harrati.
Come capita spesso nella vita, la Rossella decide di chiudere
la relazione. Decisione non accettata da Adhil il quale il pomeriggio del 4
settembre 2023 si reca nell’androne di casa della Rossella in attesa del suo
rientro.
La Rossella non ha nemmeno il tempo di rendersi conto di ciò
cui sta andando incontro che viene ridotta in fin di vita con una decina di
coltellate. Lui si da alla fuga e la Rossella muore, priva di un aiuto, tra
atroci sofferenze.
Quando l’ambulanza arriva è già troppo tardi e così anche la
Rossella va ad aggiungersi al tragico e lungo elenco delle donne vittime della
violenza maschile.
La tragica fine della Rossella si consuma nel più assordate e
incomprensibile silenzio della stampa e in assenza di una qualche forma di
sincera indignazione da parte delle organizzazioni femministe. E tutto ciò
nonostante l’efferatezza della violenza consumata sul corpo della Rossella.
Perché nessuna manifestazione di solidarietà? Forse non era
considerata funzionale agli interessi di qualcuno?
Auspichiamo che domani 25 novembre in tutte le manifestazioni
per l’eliminazione della violenza contro le donne la ROSSELLA NAPPINI VENGA
DOVEROSAMENTE RICORDATA E ANNOVERARTA TRA LE VITTIME DEL FEMMINICIDIO
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SCIOPERO
SINDACALE: OGNUNO HA LE SUE RAGIONI DA RIVENDICARE.
Totò:
amici….. è proprio vero!
Santo: che
cosa?
Totò: che il mondo è fato a scale e c’è chi scende e c’è
chi sale!
Santo: a che proposito questa tua riflessione?
Totò: oggi s’è svolto lo sciopero generale indetto dalle
segreterie nazionali dei Sindacati C. G. I. L. e U.I.L. Uno sciopero che,
ancora una volta, non trova tutti d’accordo.
Ambrogio: comprendo, è stato sempre così! Sempre più
difficile raggiungere il consenso unanime tra tutte le categorie che
costituiscono il mondo del lavoro.
Totò: è proprio così. Ma questa volta c’è una categoria che,
pur svolgendo un lavoro del tutto speciale e alquanto rischioso, è
contraria allo sciopero perché con la
chiusura della sua azienda dichiara di trovarsi priva di lavoro.
Ambrogio: di quale categoria parli?
Totò: della categoria delle borseggiatrici la cui
rappresentanza sindacale, dopo aver dichiarato alla stampa di non poter aderire allo sciopero,
stigmatizza aspramente le sigle sindacali che hanno indetto questo nuovo sciopero.
Santo: cosa vogliono? Cosa rivendicano?
Totò: hanno presentato alla stampa un loro documento
ufficiale nel quale leggiamo:
“basta con questi scioperi che coinvolgono anche i mezzi di
trasporto pubblico.
Noi sui bus e sui tram ci lavoriamo ogni giorno. Lasciarli nei depositi
significa che viene a mancarci il nostro lavoro quotidiano”.
(Dai Dialoghi svolti al Circolo della Concordia)
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IL
SANTO DEL GIORNO
(SAN
MARTINO)
Dalla poesia
di Vincenzo Cardarelli (“Santi del mio Paese”), nella quale passa in
rassegna i Santi onorati e festeggiati nel suo paese natale ( Corneto Tarquinia - Viterbo), stralciamo i versi con i quali ci
presenta San Martino quale protettore nelle più svariate e diverse
circostanze della vita.
Santi del mio Paese
…………
Vien San Martino che piove e c’è il
sole,
vedi le vecchie che fanno all’amore.
Rustico è San Martin, prospero,
antico,
e dell’invidia natural nemico.
Caccia di dosso il malocchio al
bambino,
dà salute e abbondanza San Martino.
Sol che lo nomini porta fortuna
E fa che abbiamo sempre buona luna.
Volgasi a lui chi vuol vita beata,
in ogni istante della sua giornata.
………………
VINCENZO CARDARELLI
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E SE LA GUERRA NON FOSSE LO STRUMENTO
PIU’ IDONEO PER RISOLVERE IL CONFLITGTO ISRAELO/PALESTINESE?
Leggo con la
solita dovuta attenzione l’intervento dell’On. Raniero La Valle del 13 ottobre
2023 dal titolo “Piangere su
Gerusalemme” pubblicato lo stesso
giorno sul quotidiano on line Grotte.info.Quotidiano.
Mi soffermo a riflettere sull’incipit del suddetto intervento dove
l’Autore ci ricorda che Gesù Cristo quando entra a Gerusalemme con i suoi
discepoli, quel giorno (che la nostra liturgia poi chiamerà Domenica delle
Palme), la folla,
così come ci dice l’Evangelista San Luca nel suo Vangelo (cap. 19), lo acclama
e lo applaude dicendo:
“Benedetto colui che viene,
il re, nel nome del Signore.
Pace in cielo e gloria nel più alto
dei cieli”.
Ma Gesù non si compiace affatto di questo successo di popolo che in
corteo lo accompagna verso il Tempio. Anzi, nonostante gli applausi e gli
osanna che la folla gli tributa, vedendo dall’alto la città di Gerusalemme,
piange su di essa dicendo: “Gerusalemme, se avessi compreso
anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto
ai tuoi occhi…”
Nonostante siano trascorsi duemila anni risuona ancora alle nostre
orecchie il richiamo di Gesù alla città di Gerusalemme per il fatto di non aver
“compreso cosa porta alla pace”. La pace!
Un tema più che mai attuale in questi giorni: basti pensare alla tragedia che
stanno vivendo Palestinesi e Israeliani.
Ma cosa porta alla pace?
E’ una domanda che esige una risposta scevra di ogni ambiguità. La
risposta ce la fornisce lo stesso La Valle richiamando il filosofo spagnolo Raimundo Panikkar secondo cui “la pace non si
raggiunge mai con la vittoria di uno dei due litiganti perché prima o poi il
vinto risorge e si vendica”.
Altrimenti detto: una pace duratura non si raggiungerà mai attraverso la
vittoria di una delle due parti in conflitto a scapito dell’altra.
E poiché la vittoria presuppone lo svolgimento di un conflitto, ci sia
consentito affermare che:
-la guerra non è la strada maestra
che porta ad una pace duratura.
-la pace fugge sia dal campo dei
vincitori che dal campo dei vinti.
Ma se escludiamo il ricorso alla guerra come potremo risolvere il
conflitto israelo/palestinese e raggiungere una pace duratura?
Ci insegna il Monaco del Mondo che:
“LA PACE SI FA CON AGO
E FILO,
RICUCENDO LE FERITE,
NELLA LABILE SPERANZA
CHE POSSANO SMETTERE DI
SANGUINARE”.
Mettiamo quindi da
parte bombe e cannoni e attrezziamo i contendenti di strumenti più umili quali sono ago e filo.
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DAI SUPERMERCATI S
ESSELUNGA ALLE AULE PARLAMENTARI
On. Cencio:
collega…
On.
Straccio: dimmi pure.
On. Cencio: che ne dici delle polemiche provocate
dallo spot della Esselunga con la pesca di Emma?
On.
Straccio: la Bibbia ci dice che “da quando Eva mangiò la mela ha combinato
dei grossi guai..”
On. Cencio:
non ci avevo pensato! Ancora una volta hai ragione tu.
On.
Straccio: vedi…
On. Cencio:
che cosa?
O. Straccio:
è con la mela di Eva che ebbero inizio i guai dell’umanità; guai che purtroppo
costituiscono l’eredità lasciataci dai nostri genitori Adamo ed Eva.
On. Cencio:
e se alla mela aggiungiamo la pesca?
On.
Straccio: semplice!
VUOL DIRE CHE SIAMO ALLA FRUTTA.
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SETTEMBRE NELLA MUSICA ITALIANA
Ricordiamo il
mese di settembre, arrivato al suo ultimo giorno, con il brano “SETTEMBRE” interpretato
dall’artista napoletano Peppino
Gagliardi al concorso canoro “Un disco per l’estate” del 1970 classificandosi al 2° posto.
SETTEMBRE
Fra qualche
giorno finirà l’estate
E sulla
spiaggia niente resterà
Le ore
passate saranno un ricordo
Che noi
porteremo lontano, io e te…
L’estate
se ne andrà insieme al sole
L’amore se
n'è andato già con lei
Le prime
gocce baciano la sabbia
E stanno
già bagnando gli occhi miei
Settembre
poi verrà, ma senza sole
E forse
un altro amore nascerà
Settembre
poi verrà, ma non ti troverà
E piangeranno
solo gli occhi miei
Settembre
poi verrà, ma non ti troverà
E piangeranno
solo gli occhi miei
E piangeranno
solo gli occhi miei
E piangeranno
solo gli occhi miei
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FRANCIA, ITALIA E MIGRANTI
NE PARLANO MACRON E LA GIORGIA
MACRON : I MIGRANTI? E’ MEGLIO CHE VE LI TENIATE VOI.
GIORGIA: PERCHE’? COME MAI?
MACRON: CARA GIORGIA…..COME CI DICE GIULIO
CESARE NELL’INCIPIT DEL SUO DE BELLO GALLICO “GALLIA EST OMNIS DIVISA I N PARTES
TRES, QUARUM UNA INCOLUNT
BELGAE, ALIAM AQUITANI, TERZIAM QUI IPSORUM LINGUA CELTAE NOSTRA GALLI
APPELLANTUR”
GIORGIA: TI FACCIO UNA PROPOSTA: RIDISEGNA LA
TUA GALLIA COSI’ DA OTTENERE UNA QUARTA PARTE DA DESTINARE A COLORO CHE
VOGLIONO VENIRE PROPRIO NEL TUO PAESE.
MACRON: MA E’ COSI’ DIVISA IN TRE PARTI DAI
TEMPI DI GIULIO CESARE CHE TU, ROMANA COME SEI, CONOSCI MEGLIO DI ME. FRA POCHI
MESI SI SVOLGERANNO LE ELEZIONI EUROPEE CHE MI IMPEDISCONO DI PRENDERE IN
CONSIDERAZIONE LA TUA PROPOSTA. NON POSSO ACCOGLIERE LA TUA RICHIESTA.
GIORGIA: TI FACCIO UNA PROPOSTA ALTERNATIVA.
MACRON: PARLA PURE, VEDIAMO.
GIORGIA: SO CHE GLI AQUITANI NON SONO NUMEROSI
E SONO UN POPOLO PACIFICO. POTRESTI OSPITARLI NEL LORO TERRITORIO. PENSO CHE
POSSANO CONVIVERE PACIFICAMENTE INSIEME.
MACRON: COME DITE VOI A ROMA, ALLA
GARBATELLA, NON DISTURBARE IL CANE CHE DORME. IO GLI AQUITANI LI
CONOSCO BENE E POSSO DIRTI CHE LA COABITAZIONE CON GLI AFRICANI NON SAREBBE AFFATTO PACIFICA.
GIORGIA: QUINDI?
MACRON: CARA GIORGIA…. E’ MEGLIO PER LORO E
PER TUTTI NOI CHE VE LI TENIATE VOI; TANTO, E QUESTO GLIELO PUOI SPIEGARE TU….
GIORGIA: SCUSAMI SE TI INTERROMPO. NON PROPORMI UN’ALTRA TRAPPOLA COME
L’ACCORDO DI DUBLINO COL SUO FAMIGERATO “PAESE DI PRIMO APPRODO”
MACRON: NO CARA GIORGIA….. NON MI
PERMETTEREI! SI TRATTA MOLTO PIU’ SEMPLICEMENTE
DI FAR CAPIRE LORO CHE ALLA FINE NON E’
CHE POI SIANO MOLTO LONTANI DALLA
GALLIA. SI TROVANO A MENO DI VENTIMIGLIA DALLA GALLIA DA LORO TANTTO SOGNATA!
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EMERGENZA MIGRANTI: QUALE SOLUZIONE?
Totò:
amici….continuo a chiedermi se vi siano sistemi alternativi a questo modo in
cui la politica italiana continua a
gestire l’emergenza migranti.
Nenè: la politica italiana, maggioranza e minoranza compresa , di fatto
risulta paralizzata a tal punto da non
essere capace di prendere decisioni utili per gli stessi migranti e per il Paese
Italia.
Ambrogio: la
cosa più grave è che, maggioranza e minoranza hanno da sempre i sul “fenomeno
migrazione” visioni completamente
divergenti fra loro e ognuno ha una sua terapia alla quale non intende
rinunciare.
Santo: cosa
ci dice il prof. Vezio?
Vezio:
maggioranza e minoranza sono purtroppo come le due gambe di una persona.
Santo:
Quindi?
Vezio:
amici… dopo aver sentito le riflessioni degli amici Nenè e Ambrogio, dico
un’ovvietà sulla quale riflettere: una gamba non può muoversi da sola, se
l’altra resta ferma. O meglio ancora: una gamba non può andare a destra,
se l’altra va a sinistra e viceversa.
(Dai
Dialoghi svolti al Circolo della Concordia)
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COMIZI ELETTORALI
Candidato
Sindaco: Cittadini…. s e io sarei rieletto Sindaco sistemerei le buche
in tutte le strade cittadine.
Dalla Piazza
si alza un coro che grida ad alta voce:
FOSSI…..FOSSI…..FOSSI…..FOSSI
Risponde il
Sindaco: voglio essere credibile, anche questi, state tranquilli
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RICORDANDO IL SOCIOLOGO
FRANCESCO ALBERONI
E’ morto Francesco Alberoni, il sociologo che studiò i
principali aspetti della società italiana. I suoi interessi culturali lo
portarono a studiare i grandi fenomeni sociali e di costume che
caratterizzarono il dopoguerra italiano con quell’imponente fenomeno migratorio interno che rimescolò i
confini interni, sia geografici che sociali, del nostro Paese.
Un fenomeno che fece di Milano, Torino e Genova il cuore
pulsante del miracolo economico italiano.
Tra le sue opere più
famose gli studi sui movimenti collettivi e sui processi amorosi. Qui vogliamo
ricordare una pagina tratta dal volume “L’arte
del comando”, Rizzoli ed. del 2002.
“Dobbiamo ricordare che
chiunque si trovi in una posizione di responsabilità, incontrerà anche
avversari malvagi, personalità avide, invidiose, violente, crudeli, capaci di
ogni inganno e di ogni menzogna.
Il potere rende
luminose le virtù, ma ingigantisce i vizi.
Per giudicare moralmente una persona dobbiamo
domandarci: se costui avesse il potere, come si comporterebbe? Quella donna aggressiva,
cosa farebbe se fosse ministro. Quel personaggio come si comporterebbe se fosse
il Presidente del Consiglio?
L’esercizio del giusto potere
richiede un animo nobile e una grande forza morale, ma sono ben pochi
coloro che li posseggono.
Il potere è il luogo
della competizione e della lotta, e spesso vincono i personaggi spregiudicati e
violenti …si fanno strada con le minacce e la corruzione. ….Bisogna
smascherarli e denunciarli perché agiscono come sorgente di infezione”. (pag.
165)
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8 AGOSTO 1956 – 8 AGOSTO 2023
67° ANNIVERSARIO DELLA TRAGEDIA DI
MARCINELLE
Siamo nel 1946, nell’immediato dopoguerra con milioni di
disoccupati e intere zone dove regnava incontrastata la povertà. Proprio in
queste zone del nostro Paese vengono affissi dei manifesti per incoraggiare gli
italiani privi di lavoro a partire per il Belgio con messaggi alquanto
allettanti: “salari elevati, assegni familiari, ferie pagate, pensionamenti
anticipati..)
Tutti gli italiani che aderirono alla “proposta
italo/belga” furono destinati alle miniere di carbone e molti alla miniera di Marcinelle, località che diventerà il
simbolo dell’emigrazione italiana in Belgio: nel decennio 1946-1956 furono
quasi 150.000 gli Italiani che lasciarono il nostro Paese per andare a lavorare
nelle miniere di carbone del Belgio.
Tra Italia e Belgio era stato stipulato e sottoscritto, a tal
proposito, un apposito accordo: l’Italia
doveva inviare in Belgio 2.000 uomini a settimana da destinare alle miniere di
carbone e quest’ultimo si impegnava, in cambio, a fornire all’Italia 200
chilogrammi di carbone al giorno per ogni minatore. Un vero e proprio
baratto da far accapponare la pelle: carbone/manodopera da inviare nelle
viscere della terra.
E fu proprio a Marcinelle che l’8 agosto del 1956 si
verificò la tragedia che consegnò alla storia dell’attività mineraria in Europa
una delle pagine più dolorose.
Era un mercoledì quell’8 agosto del 1956. Anche quel giorno 274
Minatori (quelli del turno mattutino) erano già scesi nelle viscere della
terra a 1.000 metri – sì un Km. -sottoterra per iniziare a estrarre carbone
quando si verifica un’immane tragedia. Un vasto incendio divampò all’interno
della miniera che causò un vero e proprio disastro che provocò la morte di:
136 Minatori italiani, 95 belgi, 8 polacchi, 6 greci, 5
tedeschi, 5 francesi, 3 ungheresi, 1 inglese, 1 olandese, 1, russo, uno ucraino
e così per un totale di 262 vite umane.
Fu l’Italia a pagare un tributo così pesante, che fece di Marcinelle il simbolo della catastrofe degli italiani all’estero”.
La parola “catastrofe” ci sembra
la più appropriata perché non sapremo mai, se non in via approssimativa, quale
sia il numero di coloro che direttamente o indirettamente morirono in fondo
alla miniera di Marcinelle. Un numero difficile da determinare perché le Aautorità
belghe avevano deciso che il decesso,
per essere definito ascrivibile al lavoro in miniera, doveva necessariamente avvenire dentro la
miniera. Infatti i decessi in ospedale, sebbene causati direttamente dal lavoro
in miniera, non venivano registrati,
specie nei primi anni, come “morti sul lavoro”; e ciò per una ragione molto semplice: evitare gli indennizzi di legge alle famiglie delle vittime. Ai deceduti
vanno poi aggiunti gli “inabili permanenti”. Per non parlare ancora di coloro
che contrassero la silicosi……
Marcinelle: fotografia simbolo dell’emigrazione italiana che, anche a
distanza di tanti anni, ci fa dire con Libero Bovio, autore di “lacreme napulitane,”
COMM’E’ AMARO ‘STU PANE
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