lunedì 29 ottobre 2012

E SE UNA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE FOSSE INCOSTITUZIONALE? CONSIDERAZIONI A MARGINE DELLA SENTENZA N. 223/2012 CHE HA "BOCCIATO" IL "CONTRIBUTO DI SOLIDARIETA'" A CARICO DI MAGISTRATI E DIRIGENTI PUBBLICI.

Rag.zza

On. Straccio: caro Cencio….cosa ti capita? Su con la vita! Fatti coraggio e sorridi.
On. Cencio: come sorridere dinnanzi a certe situazioni!
On. Straccio: cosa ti è successo di tanto grave per parlare così?
On. Cencio: ho partecipato ad una pubblica assemblea alla quale erano presenti un gruppo di esodati e i dipendenti di un’azienda che ha chiuso i battenti da qualche mese lasciando a casa un centinaio di padri di famiglia.
On. Straccio: questi sono i veri drammi della  nostra Società in questo particolare momento storico!
On. Cencio: al dibattito oltre alle rappresentanze sindacali è intervenuto un signore che mi sembrava alquanto colto. Non ho capito bene in che veste parlasse; è riuscito però a riscaldare non poco gli animi dei presenti.
On. Straccio: cosa ha detto?
On. Cencio: agitava dei fogli. Ho capito che si trattava della sentenza  n. 223/2012 con la quale la Corte costituzionale  ha dichiarato incostituzionale la legge finanziaria approvata dal Parlamento nel 2010  (Governo Berlusconi) nella parte in cui disponeva, tra l’altro,  un prelievo di solidarietà per il triennio 2011-2013 del 5% e del 10% sulla parte di retribuzione di magistrati e dirigenti pubblici eccedente, rispettivamente i 90 e i 150.000 € lordi annui.
On. Straccio: cosa ha detto di particolarmente interessante?
On. Cencio: per prima cosa ha ricordato che “la Corte costituzionale è stata letteralmente investita da una marea di ricorsi e che la Regione con maggior numero di magistrati ricorrenti è stata la Lombardia (n. 261 giudici ricorrenti su 1.300 circa)”. Poi è entrato nel merito della sentenza soffermandosi sulle motivazioni argomentate dalla Corte. Ha letto, a tal proposito, il passaggio della sentenza nella quale la Corte dice che  con i tagli degli stipendi dei magistrati decisi dal Governo Berlusconi “…i limiti tracciati dalla giurisprudenza di questa Corte (sono stati) irragionevolmente oltrepassati”.
On. Straccio: un intervento che denota non solo – come dici tu – “un signore colto”,  ma anche  profondo conoscitore, anche dei minimi dettagli, dell’intera vicenda.  Come sono proseguiti i lavori dell’assemblea?
On. Cencio: ne è seguito un pubblico dibattito dai toni accesi che il moderatore non sempre è riuscito a mantenere nei limiti di accettabilità.  Bisogna però comprendere lo stato d’animo delle persone coinvolte. Pensa che un esodato così si è espresso: “se è costituzionalmente irragionevole un prelievo del 5%  e del 10% che si aggirano e superano i 100.000 € all’anno  perché non deve essere altrettanto costituzionalmente  irragionevole la riforma Fornero che, agendo addirittura  retroattivamente, ha messo letteralmente sulla strada 400.000 persone privandole di una  pensione o di uno stipendio? Gli atti da noi sottoscritti, è bene chiarirlo ancora una volta, sono stati pienamente rispettosi delle leggi allora in vigore! Dinnanzi ad una così palese disparità di trattamento possiamo dire che la nostra è una democrazia gravemente malata!”
On. Straccio: parole pienamente condivisibili che lasciano trasparire tutta l’amarezza di chi si sente tradito e abbandonato dalle Istituzioni.
On. Cencio: l’esodato ha proseguito dicendo che “anche la legge Fornero è incostituzionale perché viola l’articolo 2 della Costituzione il quale dice che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo…e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di  solidarietà politica, economica e sociale. E qui di solidarietà (non a caso questo prelievo era stato definito contributo di solidarietà) noi esodati non ne abbiamo mai vista: né da parte di dirigenti e magistrati che pur guadagnando centinaia di migliaia di  € all’anno si sono rivolti alla Giustizia, né da parte delle Fornero! Mi rivolgo alle rappresentanze sindacali qui presenti: trovate anche voi il modo di far arrivare dinnanzi alla Corte l’incostituzionalità della legge Fornero che ci ha messo sulla strada.  La Corte deve essere un vero e proprio panno capace di asciugare le nostre lacrime, ripristinando un minimo di quella solidarietà voluta dalla Costituzione!
On. Straccio: parole sorprendenti che testimoniano non solo profonde  conoscenze giuridiche ma anche un’altrettanto  profonda carica di umanità.
On. Cencio: dopo quest’intervento ha ripreso la parola il “signore colto” dicendo che “anche la sentenza della Corte n. 223/2012 è incostituzionale –accettate con le riserve del caso la mia affermazione, ma accettatela – perché la Corte, pur appellandosi al principio di ragionevolezza, non è stata coerente fino in fondo nel suo ragionamento: il giudizio di ragionevolezza opera, infatti, non sulla singola legge ma sulla complessità del quadro normativo che disciplina il problema da risolvere. Implica una verifica che non sia stata violata la composita armonia che sempre deve esistere tra più leggi che, non dimentichiamolo, vanno esaminate non singolarmente ma nel loro insieme. Altrimenti detto: il giudizio di ragionevolezza può essere espresso solo se si tiene conto dell’intero mosaico, cioè dall’intero quadro normativo compresa, ovviamente la Costituzione. Risulta evidente, nel nostro caso, come questa volta la Corte abbia mancato l’occasione di verificare  la legittimità della singola legge impugnata  anche in relazione al principio costituzionale di solidarietà economica e sociale ex art. 2 della Costituzione. La solidarietà è una dimensione inderogabile sia per il legislatore che per la Corte costituzionale. Solo così la centralità della persona umana, voluta dalla Costituzione quale pietra angolare dell’intero edificio costituzionale, può diventare una realtà. E la Corte,purtroppo,  questa volta ha disatteso incomprensibilmente  il principio secondo cui la persona deve essere sempre al centro di ogni scelta e decisione.
E ciò meraviglia non poco se si tiene conto che un autorevole componente della Corte  - il Prof. Paolo Grossi – qualche anno fa ebbe a definire la ragionevolezza  una finestra aperta sulla realtà, sul mondo dei valori circolanti. E la realtà sociale del nostro Paese oggi ci presenta una moltitudine di esodati, licenziati, cassintegrati, giovani in cerca di prima occupazione…Una realtà sociale che avrebbe senz’altro dovuto indurre la Corte a giustificare la legge che aveva introdotto un contributo di solidarietà a carico di coloro che percepiscono stipendi che superano i 100.000 €.. Nel nostro caso c’erano tutte le condizioni perché la Corte decidesse ex art. 2 Costituzione, in una visione di equità sociale.
Forse la finestra indicata dal Prof. Grossi quel giorno alla Consulta era chiusa per avversità atmosferiche?”
On. Straccio: devo confessarti che neanche in Parlamento ho sentito pronunciare simili concetti. Come ha reagito l’assemblea?
On. Cencio: ovviamente tanti applausi. Ma quello che mi ha commosso di più  è stato vedere tanti padri di famiglia che si asciugavano le lacrime.
On. Straccio: vista la stringente  logicità giuridica dell’esposizione posso farti una domanda?
On. Cencio: falla pure!
On. Straccio: ebbene, e se anche la sentenza della corte fosse incostituzionale perché affetta da irragionevolezza?

martedì 23 ottobre 2012

L'AMORE E L'AMICIZIA



 Un giorno l’Amore disse all’Amicizia: perché ci sei anche tu se ci sono già io?

L’Amicizia rispose: per portare un sorriso là, dove tu hai lasciato una lacrima.















                                                                                                                                                

venerdì 19 ottobre 2012

MONTECARLO MONTECARLO.



Che cosa c’é…c’è che adesso tutti parlano di te … di me …. E non so perché

Ora sto capendo cosa c’é…                                                                                      

Sapore di sale… sapore di mare, di cose perdute, di cose lasciate…

Sapore di Contesse ie ie ie ie ie   sapor  di eredità ie ie ie ie ie

Che cosa c’è …

Se mi cacci non vale, se mi cacci non vale ……comunque

Arrivederci!  Esco dalla tua vita, salutiamoci, arrivederci    e non pensiamoci ….

Sai che ti dico: vieni via con me , vieni via con me…..a Montecarlo …..

A Montecarlo c’è un posto anche per te!

domenica 14 ottobre 2012

CRITERI GUIDA PER LA SCELTA DEI CANDIDATI ALLE PROSSIME ELEZIONI.



On. Straccio: collega Cencio come va? Come hai trascorso il fine settimana?
On. Cencio: nulla di particolare! Ho girato alcuni Comuni del mio collegio elettorale per approfondire il “tema  relativo alla situazione degli esodati”.  Domenica pranzo in famiglia e pomeriggio passeggiata con i vecchi amici i quali, come al solito, mi hanno invitato allo storico “Circolo della Concordia” dove ho trovato un clima incandescente più del solito.
On. Cencio: qual’era l’argomento in discussione?
On. Straccio: si stava affrontando, a livello zonale e alla presenza di rappresentanze sindacali, proprio il “tema degli esodati”. Siamo entrati quando erano già state svolte le relazioni dei rappresentanti sindacali regionali.  Era presente un folto numero di esodati del Circondario i quali hanno evidenziato tutta la drammaticità della situazione in cui sono venuti a trovarsi, da un giorno all’altro,  con la “legge Fornero”.
On. Cencio: un tema interessante e purtroppo sempre più attuale!
On. Straccio: devo confessarti che mi hanno impressionato le parole accalorate, ma composte e dignitose,  con le quali tutte le vittime di questa assurda vicenda esprimevano il loro grido di dolore.  Mi ha impressionato, in particolare la situazione di un ex dipendente delle Poste di un Paese vicino al mio il quale riferiva di aver sottoscritto l’accordo per andare in pensione dopo 39 anni e 2 mesi di effettivo servizio e che oramai da 16 mesi non percepisce alcuna pensione e che è stata respinta la sua richiesta di reintegro dalle Poste.
On. Cencio. Sono situazioni davvero drammatiche!
On. Straccio: questo signore, proseguendo nel  racconto del suo calvario, in un comprensibile scatto d’ira, si rivolge a me dicendo: “caro Onorevole, sa perché ci troviamo in questa situazione? Glielo dico io! Perché anche le Regioni si stanno mangiando l’Italia. Che significano tutti questi sperperi  con il tacito accordo di tutti i Partiti, mentre la gente onesta che ha sempre lavorato a dicembre non saprà come pagare l’ I. M. U.? Perché non presenta un’interrogazione urgente in Parlamento perché noi esodati possiamo ottenere almeno un rinvio per il pagamento dell’ I. M. U. ?  Comunque con questa classe politica così ingorda sarà difficile uscire dalla crisi!
On. Cencio: come si fa a non dargli ragione?  In effetti, in molti casi lo spettacolo offertoci dalla classe politica regionale grida vendetta!
On. Straccio: ad un certo punto ha preso poi la parola il Commendatore Marcantonio che fu Sindaco del mio Comune negli anni sessanta  il quale, non appena cala il silenzio nella sala, così si è espresso: “ha ragione l’esodato delle Poste! Le 20 Regioni sono altrettanti pozzi di San Patrizio! La classe politica regionale sperpera perché non ha l’esatta percezione della crisi che attanaglia il nostro Paese.
On. Cencio:  purtroppo il tuo Commendatore ha proprio ragione!
On. Straccio: ma è stato più incisivo ancora nelle sue conclusioni quando ha detto che “purtroppo mancano seri criteri per la selezione della nostra classe politica. Chi seleziona il personale da inserire nelle liste dovrebbe sapere che:
-         denaro e potere vanno gestiti da sagge persone.
-         il politico deve essere come il sole che passa sopra il fango e non si imbratta.
On. Cencio: non posso non ammirare la saggezza del tuo ex Sindaco!

mercoledì 10 ottobre 2012

L'ACCORPAMENTO DEI PICCOLI COMUNI: TRA TANTE OCCASIONI PERSE UNA RIFORMA ANCORA POSSIBILE.

                                                       




Al Segretario del Partito Democratico
On. Bersani

Da alcune settimane l’attenzione dell’opinione pubblica è bombardata, tramite televisione e giornali, da notizie riguardanti sprechi di pubblico denaro da parte delle Regioni.
L’evidente difficoltà della classe politica a smentire questo inoppugnabile fatto di malcostume ci spinge a ripensare la capillarità della  presenza e il ruolo delle Regioni nell’ambito di un più ampio dibattito sul complessivo assetto  istituzionale del nostro Paese.
Le inchieste giornalistiche e giudiziarie, portate avanti in questi giorni, evidenziano, invero, un dilagare di sprechi di pubbliche risorse per nulla compatibile con la grave crisi che oramai da troppo tempo attanaglia il nostro Paese. Uno spreco che coinvolge un po’ tutte le Autonomie locali: non solo le Regioni, ma anche gli altri due segmenti che concorrono a costituire  il vasto campo delle Autonomie locali: Comuni e Province.
Dinnanzi all’evidenziata  vastità    del fenomeno corruttivo e di mala, e fin qui incontrollata, gestione di così ingenti pubbliche risorse è arrivato il momento di prendere finalmente atto che non siamo più davanti ad una crisi circoscritta e congiunturale, ma dinnanzi al collasso dell’intero sistema delle Autonomie locali. Un collasso che inevitabilmente deve indurre   le forze politiche a riconoscere e confessare pubblicamente la verità: l’attuale incontrollato decentramento disegnato dalla riforma costituzionale del 2001 fu un grave errore e va quanto prima corretto!
Sul tema è intervenuto, tra gli altri, anche Lei On. Bersani, affermando  perentoriamente  dalle colonne de Il Sole 24 Ore del 28.9.2012: “Stato e Territori, cambiare pagina”.
Prendiamo atto, On. Bersani, della franchezza con la quale riconosce come la riforma costituzionale delle Autonomie locali del 2001:
-  presenti  “aspetti non coerenti, e talvolta anche scomposti, in materia di decentramento”;
-  manchi  “di una visione e di un disegno organico di riforma”;
-  “l’Italia oggi ha più di 8.000 Comuni, un livello amministrativo intermedio da ripensare radicalmente;  
-  bisogna “mettere mano a una riforma organica dell’intero sistema nel quadro della revisione della seconda parte della Costituzione;
-  “bisogna dar vita a uno strumento di rango costituzionale che abbia come suo obiettivo l’elaborazione di un disegno complessivo di riforma, che intervenga su tutti i livelli di governo”.  
Non possiamo non notare e apprezzare come Lei, dopo aver utilizzato nel corso del suo intervento, per ben due volte l’aggettivo “organico”, conclude con la locuzione “disegno complessivo di riforma …costituzionale”.
Quindi non più riforme parziali, ma riforme che abbiano una generale visione d’insieme.  Solo un disegno organico consentirà di semplificare e razionalizzare la complessità dell’attuale assetto istituzionale della Repubblica rendendolo più coerente e funzionale all’Italia del terzo millennio.
Una complessità che non ha mancato di sottolineare il Boccalatte  (prefazione al Volume L’accorpamento dei piccoli Comuni, ed. Rubbettino, 2010) quando afferma che “ difficilmente ci si rende conto di quanti soggetti pubblici incombano sul capo di ogni cittadino: Comune, Provincia, Regione, Stato, Unione Europea, tanto per limitarci ad alcuni enti territoriali..”
Ogni singolo Ente meriterebbe uno studio sulla sua razionalizzazione. Noi ci accingiamo, in questa sede, a sottoporre alla riflessione sua e delle forze politiche tutte, la riorganizzazione dei Comuni i quali, come Lei ha ben evidenziato, sono 8.100. Di questi, aggiungiamo noi:

-   4.600  non superano i 3.000  abitanti;
-   5.756                      5.000            .
L’attuale legislazione sugli Enti Locali stabilisce che “spettano al Comune tutte le funzioni amministrative …salvo quanto non sia espressamente attribuito ad altri soggetti”( art. 13 T.U. 267/2000). L’art. 118 della Costituzione, così come modificato dalla riforma del 2001, dispone, a parte sua, che “le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni…sulla base dei principi di sussidiarietà differenziazione ed adeguatezza”.
Un articolo, quest’ultimo, che, togliendo alla Stato il ruolo di amministratore a competenza generale, riconosce e rafforza la centralità e il ruolo dei nostri Comuni. Ricordiamo, in proposito, come l’allora Presidente della Repubblica  Francesco Cossiga ebbe a definire il Comune “il volto immediato dello Stato, il primo momento di contatto fra i cittadini e le istituzioni” (messaggio televisivo di fine anno del 31.12.1987).
Ci sia consentito evidenziare come il Comune, attraverso la sussidiarietà, ed è chiamato istituzionalmente a svolgere un ruolo anche di presidio per le categorie più deboli; un ruolo che oggi é reso ancora più complesso e gravoso dalle perduranti circostanze di incertezze sociali ed economiche che attraversano il nostro Paese.
Un ruolo che giammai potrà essere svolto   dai piccoli e piccolissimi Comuni costituzionalmente”
 privi di una forza politica e conseguentemente  incapaci di organizzare una efficiente prestazione di servizi. Ci chiediamo, così stando le cose, se la permanenza dei piccoli Comuni abbia ancora un senso. Recentemente il prof. Cerulli Irelli, docente alla Sapienza di Roma ed ex parlamentare, ha espresso, a proposito dei Comuni con meno di 5.000  abitanti,  la seguente opinione: “è assolutamente impossibile per enti di questo tipo esercitare funzioni di governo accettabili”. (Così nell’intervista al quotidiano L’Unità del 25.11.2011).
Mi permetta sottolinearne, On. Bersani, la locuzione “assolutamente impossibile”.
Sono Comuni, aggiungiamo noi, ai quali manca ogni capacità programmatoria degna di questo nome, mentre l’esigenza di uscire dai particolarismi municipali per confluire in un disegno di sviluppo coordinato e di più ampio respiro si fa sempre più insistente.
Del resto, è inutile continuare a negarlo: la riforma del 2001 con  la Costituzionalizzazione  del principio della sussidiarietà ha di fatto “spiazzato” i piccoli Comuni, perché incapaci a reggere il passo alle nuove “pesanti” incombenze la cui titolarità è stata indistintamente loro assegnata.
Purtroppo nei piccoli Comuni tale titolarità molto spesso rimane solo sulla carta, creando di fatto condizioni di diseguaglianza fra i suoi cittadini e quelli de Comuni, più grandi e non di rado contermini, nei quali la sussidiarietà raggiunge adeguati livelli di sufficiente concreta effettività.
Il legislatore che nel 2000 ha scritto l’art. 13 del T. U. 267 secondo cui “spettano al Comune tutte le funzioni”   e nel 2001 ha riscritto l’art. 118 della Costituzione secondo cui “le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni” si caratterizza per aver prima   parificato il Comune di Milano a quello di Pedesina (Sondrio) che con i suoi 30 abitanti è il più piccolo comune d’Italia, e poi per aver assegnato loro in modo indistinto le stesse identiche funzioni. E’ una tecnica legislativa che ci ricorda la parabola evangelica del seminatore la cui semente cade – narra  l’Evangelista Marco ( cap. 4°, 2-8  ) -  in parte lungo la strada, per essere beccata dagli uccelli, in parte fra i sassi dove, non essendoci terreno profondo, spunta subito e al levar del sole si secca non avendo radici.
L’evangelista prosegue nella sua narrazione dicendoci che un’altra parte cade tra le spine che la soffocano e non dà frutto. Un’altra parte, infine, cade sulla terra buona (da evidenziare l’aggettivo con il quale qualifica la terra), da frutti e rende ora il 30, ora il 60 e ora il 100 per uno.
La parabola ci insegna che non basta seminare soltanto: bisogna sapere scegliere dove, altrimenti si rischia di perdere tutto. Tutto ciò la natura ce lo insegna e la vita di tutti i giorni ce lo conferma,
La caduta del seme in 4 diverse parti del terreno non costituisce nell’economia della parabola 4 storie diverse, ma una sola storia: quella , appunto, di un contadino che getta il seme nello stesso campo e nello stesso giorno.
La parabola ci presenta 4 tipi di terremo: i primi tre sono la storia di altrettanti fallimenti, mentre l’ultima ci dice che il seme porta molto frutto.
Ad una attenta lettura non può sfuggire al lettore come nella stessa semina sia la qualità del terreno a provocare fallimenti e successi. Fin qui la parabola  evangelica.
Fuori metafora: non è difficile intravedere nel seme il principio della sussidiarietà accompagnato a quello di eguaglianza e nei 4 tipi di terreno l’eccessivamente  variegata realtà dei nostri Comuni.
E come nella parabola fallimenti e successo della semina sono provocati dalla qualità del terreno, altrettanto possiamo senz’altro dire in tema di sussidiarietà e di riforma dell’Ordinamento comunale: sono i Comuni, con la loro estrema articolazione, a decretare il successo o il fallimento della sussidiarietà e del nuovo ruolo che sono chiamati ad assolvere.

Moltissimi Comuni, i più piccoli, sono rimasti letteralmente “schiacciati” dal peso delle nuove incombenze e non riescono ad assolvere ai loro compiti istituzionali secondo il principio di effettività..
Come il seme non si getta dovunque, così le stesse identiche funzioni, anche se in nome del principio di eguaglianza e della sussidiarietà, non possono essere affidate indistintamente a tutti gli 8.100 Comuni senza tener conto delle oggettive differenze, talvolta incolmabili, che corrono tra loro.
Il legislatore forse avrebbe dovuto tenere in maggiore considerazione l’insegnamento di sant’Agostino secondo cui “l’ordine è la disposizione di cose eguali e diseguali che assegna a ciascuno il proprio posto” (La Città di Dio, Libro IX, cap. XIII, par. I ).
Anche le istituzioni comunali, così come le altre istituzioni, per quanto ben concepite e rappresentate da persone ispirate da nobili propositi, alla lunga sono destinate a fallire nella loro missione se non istituite e rette nel tempo tenendo conto del principio di ordine” così come concepito da sant’Agostino: “a ciascuno il proprio posto”.
Sta nell’aggettivo “proprio” la chiave di lettura del pensiero agostiniano: ad ogni soggetto vanno affidati compiti secondo capacità allo stesso riconosciute di svolgerli effettivamente. L’attuale nostra legislazione assegna invece in modo “indistinto” le stesse identiche funzioni a tutti i Comuni senza alcuna preventiva analisi dell’effettiva adeguatezza di ciascuno di loro all’assolvimento delle stesse.
Tornando alla parabola evangelica ci sia consentita un’ulteriore osservazione. C’è un tema che  nella parabola non viene affrontato:  quello della preliminare preparazione del terreno prima della semina.  Ai nostri giorni si è soliti preparare il terreno con il concime e altre sostanze fertilizzanti dopo averlo arato.  E’ un lavoro faticoso non meno della semina.

Tornando ai nostri Comuni non possiamo non ricordare, in proposito, gli sforzi profusi da un grande Maestro, il Prof. Giannini, il quale sosteneva la necessità di far precedere la riforma dell’Ordinamento comunale – che poi sarebbe sfociata nella legge n. 142/1990 – da un generale riordino delle Circoscrizioni comunali. Il Giannini, infatti,  dopo aver sostenuto il principio della necessaria “autonomia vitalità” dei Comuni, (l’autonomia per essere effettiva deve essere vitale, cioè operativa) invitava le forze politiche a voler preventivamente procedere alla fusione dei Comuni più piccoli (atto Senato n. 2.100, artt. 1-5, anno 1989).
Purtroppo la voce del Giannini rimase “voce nel deserto” e oggi a distanza di  più di un ventennio siamo qui a constatarne  le conseguenze che, dimostratesi tutt’altro che esaltanti,  costringono gli studiosi e le forze politiche a porvi rimedio.

Riteniamo che ciò che non fu fatto allora deve essere fatto oggi!
 
Pur essendo trascorsi più di   vent’anni dall’approvazione della legge n. 142/1990 possiamo solamente e molto amaramente constatare come il numero complessivo  dei Comuni non sia affatto diminuito, nuove Province siano nate come funghi dal nord al sud della Penisola e per i cittadini che vivono nei piccoli Comuni la sussidiarietà molto spesso rimane un principio costituzionale privo di effettività .

E l’ordinamento comunale ha ormai raggiunto una soglia di criticità oltre la quale può saltare l’equilibrio dello stessa assetto statale.

La verità è che una vera  riforma dell’Ordinamento comunale  tutti la vogliono ma, almeno fin’ora, solo a parole. Forse sarebbe necessario che prima ancora di pensarla, la riforma, venissero realizzate le “precondizioni di merito” guardando alla nostra Storia, alle origini del nostro Ordinamento comunale, alle origini e  all’attuazione della nostra Costituzione repubblicana e alla criticità dell’assetto ordinamentale dei nostri Comuni.
Per verificare la criticità dell’attuale presenza di 8.100 Comuni sarebbe opportuno ricorrere alla prova del cocomero (rectius: anguria). Ebbene, se per scegliere un frutto a un giusto livello di maturazione si usa incidervi un tassello a forma di cuneo per assaggiarne la polpa,  così la stessa operazione andrebbe eseguita per “saggiare” la “validità” – forse sarebbe meglio dire la criticità” -  dell’attuale presenza di 8.100 Comuni nell’attuale istituzionale del nostro Paese. E ciò perché dovrebbe essere  interesse di tutti avere  innanzi tutto piena cognizione della criticità dell’attuale situazione per approntare poi gli opportuni rimedi. La situazione, purtroppo, ha già superato il giusto punto di maturazione per non intervenire.
Interessante al riguardo l’indagine svolta, già prima del varo della legge n. 142/1990, da due valenti studiosi Mannozzi e Visco Comandini, per conto del C.N.R. ( Le funzioni del Governo locale, Giuffrè, 1990), dalla quale risultava che il tasso di effettivo esercizio delle funzioni delle quali i Comuni sono titolari variava, in generale, dal 29% dei piccoli al 65% di quelli grandi o metropolitani. Gli stessi altresì osservavano come, anche restringendo l’indagine alle sole attività cosiddette “essenziali” e cioè quelle il cui mancato esercizio tocca interessi primari e viali della Comunità, il grado di effettività nei Comuni con meno di 3.000 abitanti non superasse il 60% . Trattasi di percentuali che evidenziano uno stato di grave patologia nella gestione amministrativa dei nostri Comuni più piccoli: l’inadeguatezza dimensionale dei Comuni quale causa principale, quindi, dell’ineffettività di molte funzioni che o non vengono svolte o che vengono svolte in modo del tutto insufficiente.

Le percentuali sopra esposte, pur nella loro aridità numerica, avrebbero dovuto far seriamente riflettere il legislatore quando nel 1990 si accingeva ad approvare la legge n. 142 e indurre lo stesso a tenere in maggior considerazione l’invito del Giannini che voleva un preventivo riassetto generale dei Comuni che tenesse conto anche della loro dimensione demografica. Ciò che non fu fatto allora è il caso di farlo oggi; siamo infatti di fronte ad un macroscopico caso di scostamento tra previsioni programmate a livello normativo e risultati effettivamente conseguiti percentualmente così elevato da non poter essere più tollerato.
Crediamo di trovare  d’accordo tutti voi il lettore  se affermiamo che perché la norma scritta abbia un senso deve necessariamente tendere all’effettività. Ma quando lo scostamento supera – come nel nostro caso – un certo livello, così da mettere in crisi lo stesso sistema, siamo di fronte ad una patologia del sistema  non più tollerabile alla quale occorre rimediare urgentemente riducendo tale scostamento.
“E’ noto – ci insegna il filosofo Benedetto Croce – che le leggi hanno bensì la loro importanza, ma che assai più importa il modo in cui esse vengono osservate” (Elementi di politica). E il grado di osservanza di una legge, aggiungiamo noi, è il metro più sicuro per verificarne il grado di effettività.

L’esigenza di rendere effettivo lo svolgimento delle funzioni da parte dei Comuni, così da dare, tra l’altro, concretezza al concetto di Autonomia e al principio costituzionale della sussidiarietà, non può non passare anche attraverso una generale revisione delle attuali Circoscrizioni comunali che, accorpando le micro realtà,  consenta loro di raggiungere almeno la sufficienza sotto il profilo operativo.

La saluto cordialmente

Giuseppe Castronovo






martedì 9 ottobre 2012

NOZZE D'ORO DEL "DISCORSO DELLA LUNA"



Il prossimo 11 ottobre ricorrerà il 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II°.
Era già sera, quel giorno, ma la folla continuava, in quella memorabile giornata, a sostare in Piazza S. Pietro dove alcune Associazioni cattoliche avevano organizzato una fiaccolata che con il calar della sera appariva sempre più spettacolare.
Papa Giovanni XXIII° , visto il crescente fermento che saliva dalla Piazza, decide di affacciarsi e salutando la folla incominciA a parlare: un intervento passato alla storia come il “discorso della luna” o, secondo altri, “il discorso della carezza ai bambini”. Un discorso dalle parole semplici ma sempre attuali.

“Cari figliuoli sento le vostre voci…qui di fatto tutto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera, osservatela in alto, a guardare questo spettacolo. Gli è che noi chiudiamo oggi una grande giornata di pace…
Tornando a casa, troverete bambini, date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del Papa. Troverete qualche lacrima da asciugare: dite una parola buona.



  

domenica 7 ottobre 2012

IL RAGNO E LA TELA // LA GIUSTIZIA E IL CITTADINO: CONSIDERAZIONI A PROPOSITO DELLA SOCIETA' "TRIBUTI ITALIA S.p.A."



On. Straccio: collega Cencio ti vedo pensieroso! Cosa ti passa per la testa?
On. Cencio: leggo la vicenda della Società   “Tributi  Italia S. p. A” e dico che c’è da rimanere quanto meno perplessi, sgomenti! Non trovo altri aggettivi!
On. Straccio: hai proprio ragione!  Ho letto anch’io di centinaia di Comuni – alcuni addirittura Capoluogo di Provincia – coinvolti in questa vicenda che è lo specchio capace di rappresentare  tutte le peggiori caratteristiche del nostro Paese.
On. Cencio: un buco che, a detta dei giornali, ammonta a 100 milioni di € . E tutto ciò a danno dei Comuni per conto dei quali la Società “Tributi Italia S. p. A” riscuoteva  alcuni tributi tra i quali l’ I. C. I.
On. Straccio: ho letto che parte di questa ingente somma sarebbe servita, secondo quanto emerso dalla stampa di questi giorni, per feste, acquisto di uno yacht e altro che niente hanno  a che vedere con la riscossione dei tributi Comunali. Mi chiedo..
On. Cencio: che cosa?
On. Straccio: ma se i Comuni lamentano sempre che “le casse sono vuote” , a tal punto che sovente non hanno neanche i soldi per pagare gli stipendi, come mai non hanno denunciato per tempo l’anomala gestione di denaro pubblico da parte della “Tributi Italia S. p. A.”  quando non veniva versato nelle casse comunali il pattuito da contratto?
On. Cencio: stai dicendo proprio bene!
On. Straccio: però non riesco a capire come mai nei confronti della Società “Tributi Italia S. p. A.” , che nel 2010 era stata dichiarata insolvente e quindi commissariata dal Tribunale di Roma, nessuno intervenisse più drasticamente (ad es. sospendendone l’attività di riscossione)  prima che l’ammanco assumesse queste proporzioni. Oggi si parla di 100 milioni di € !  Per non parlare poi…
On, Cencio: cosa vuoi dire?
On. Straccio:  non dimentichiamo che da quando c’è Monti al Governo anche una innocente cena al ristorante, se sei sfigato ed entra la Guardia di Finanza mentre ceni, può diventare un buon valido motivo per un’accurata indagine fiscale a tuo carico. Capisci bene? Un’indagine fiscale a causa di  una cena al ristorante!
On. Cencio: hai ragione! Ma devi capire anche che….
On. Straccio: dimmi, chiariscimi i temi della questione.
On. Cencio: questa vicenda ci conferma, ancora una volta, una  eterna e immutabile  verità.
On. Straccio: non capisco! Cosa vuoi dire?
On. Cencio: diceva il grande legislatore ateniese Solone che “la giustizia è come una tela di ragno: trattiene gli insetti piccoli, mentre i grandi trafiggono la tela e restano liberi”.

giovedì 4 ottobre 2012

IL PARLAMENTO E L'OSTE.


On. Straccio: collega Cencio scusa, ancora una volta, la mia solita curiosità.
On. Cencio: non ti preoccupare! Dimmi pure.
On. Straccio: noto che stai leggendo la Costituzione Italiana e addirittura ne hai due copie. Ne dai una a me? Anch’io voglio approfondire un tema di estrema attualità quale oggi è diventato quello delle Regioni.
On. Cencio: non posso! Te ne farò sicuramente dono, ma non di queste due copie.
On. Straccio: come mai?  Sono annotate? Ci sono motivi affettivi?
On. Cencio: niente di tutto questo! Vedi, si tratta di due edizioni diverse: la prima riporta il testo del 1947. La seconda, invece, riporta il testo con le modifiche del 2001. Le due copie mi servono per confrontare  i due testi e così meglio capire i guasti provocati con la Costituzione del 2001.
On. Straccio: il testo che oggi viene così tanto criticato anche da chi allora lo approvò?
On, Cencio: proprio così!  In effetti è proprio nella riforma del 2001 va cercata la  causa prima dei guasti e del malaffare che oggi stanno emergendo nelle Regioni italiane.
On. Straccio: spiegati meglio! Voglio capire anch’io gli esatti termini della questione.
On. Cencio: vedi…
On. Straccio: che cosa?
On. Cencio: prendi, per esempio il problema del numero dei Consiglieri Regionali: fino al 2001 era la legge statale a stabilire il numero dei Consiglieri assegnati ad ogni Regione. E la legge ne determinava il numero in rapporto alla sua popolazione: da un massimo di 80 a un minimo di 30.
On. Straccio: e poi?
On. Cencio: la Costituzione del 2001 stabilì che fosse la singola Regione a  stabilire il numero dei suoi Consiglieri. E fu così…
On. Straccio: che cosa?
On. Cencio: che in breve tempo il numero totale dei consiglieri regionali delle sole 15 Regioni a Statuto Ordinario aumentò di un centinaio circa e così per un totale nelle 20 Regioni superiore alle 1.100 unità . Cioè  un numero che supera quello dei Senatori e dei Deputati messi insieme. Devi capire…
On. Straccio: che cosa?
On. Cencio: con l’aumento di questo centinaio di nuovi Consiglieri Regionali è come se fossero state istituite due nuove Regioni!  Per non parlare poi dell’aumento del numero degli Assessori! Lo sai poi?
On. Straccio: che cosa?
On. Cencio: in qualche Regione hanno avuto la fantasia di copiare il Governo centrale istituendo anche la figura dei Sottosegretari! E non è finita!
On. Straccio: in che senso?
On. Cencio: la riforma del 2001 ha conferito alle Regioni la competenza a legiferare anche in materia di  “Rapporti internazionali, commercio con l’estero…” E questo è servito alle Regioni per aprire “rappresentanze regionali” in ogni continente .
On. Straccio: vedo che sei disgustato e ne hai proprio ragione!
On. Cencio: ma quello che più rabbia è un altro fatto.
On. Straccio: quale?
On. Cencio: il tempo in cui è stata approvata la nuova Costituzione.
On. Straccio: cosa vuoi evidenziare?
On. Cencio: fu approvata dopo “Tangentopoli” che aveva portato alla luce una corruzione diffusa nella gestione della cosa pubblica.
On. Straccio: Una osservazione mai sentita prima d’ora! Ma devo dirti che hai proprio ragione!
On. Cencio: in quell’occasione il Parlamento si comportò come quell’oste che avendo degli avventori ubriachi che schiamazzavano nell’osteria diede loro la piena disponibilità della botte dicendo: io mi assento, fate voi. E le Regioni per in questi 10 anni han fatto quello che oggi sta emergendo, talvolta in tutta la sua drammatica comicità.