FINANZIAMENTO PUBBLICO AI
PARTITI: OPINIONI AL CIRCOLO DELLA CONCORDIA.
Arnolfo: ci provano, ancora
una volta e in tutti i modi, a violare l’articolo uno della Costituzione: il finanziamento pubblico ai Partiti esce
dalla porta e, con la benedizione un po’
di tutti, rientra addirittura dal portone centrale.
Rocco: caro Arnolfo….tutti
quanti ci dicono, quasi a rete unificate, che senza finanziamento pubblico ai
Partiti la democrazia è in pericolo.
Onorio: il fatto grave è che trattasi, nonostante i numerosi scandali che
non hanno visto esente quasi nessun Partito, di richieste senza pudore.
Venanzio: l’On. Bindi, l’altra
mattina a Omnibus su la 7, ha detto che “senza
finanziamento pubblico ai Partiti c’è corruzione!”
Alfredo: ma finora, qualcuno
dovrebbe dire alla Bindi, che è stato anche il fiume di denaro pubblico ad
alimentare la malapianta della corruzione. E la corruzione non ha salvato
proprio nessuno; nemmeno il piccolo Partito di Di Pietro che in non poche
Regioni non è stato un modello da seguire ( diciamolo pure: è stato un modello
negativo) nell’utilizzo dei finanziamenti ai gruppi consiliari regionali.
Romano: per non parlare, poi,
di tutto quello che è emerso quando la Gabanelli a Report ha dedicato un servizio nel corso del quale è
stato intervistato l’ex Deputato Di Pietro.
Lorenzo: il problema è
delicato. Mi sia permesso di chiedere il parere al nostro amico il Prof. Vezio.
Vezio: grazie! Una premessa mi
sembra doverosa: il mio sarà un giudizio non politico ma tecnico.
Sergio: prof. che differenza c’è tra i due giudizi?
Vezio: il primo è un giudizio espresso dagli incompetenti;
il secondo è un giudizio espresso
dai competenti.
Il mio ovviamene sarà un giudizio esclusivamente
tecnico.
Sergio: prof. siamo qui ad
ascoltarla.
Vezio: le leggi, Costituzione
alla mano, si dividono in due grandi categorie:
-
appartengono alla prima
categoria quelle leggi per le quali la parola ultima spetta al Parlamento;
-
appartengono alla seconda categoria quelle leggi per le
quali la parola ultima spetta al popolo.
Le leggi della prima categoria sono disciplinate dall’art. 75 della
Costituzione il quale dice che “non è ammesso il referendum per le
leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a
ratificare trattati internazionali”.
Trattasi di cinque tipi di
legge dal contenuto indicato dalla
stessa Costituzione. Cinque leggi, come voi vedete, limitate nel numero per le
quali la parola finale spetta sempre e comunque al Parlamento. E’ una eccezione
alla democrazia diretta e, in
quanto tale, è giusto che sia limitata a pochi casi.
Per tutte le altre leggi ( che sono quelle appartenenti alla seconda
categoria ) si applica l’art. 1 della
Costituzione il quale dice che “la
sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della
Costituzione”.
Questo articolo va letto nel
senso che per tutte le leggi ( tranne quelle cinque di cui alla prima categoria
e previste dall’art. 75 della Costituzione ) la parola finale, a richiesta,
spetta al popolo che può abrogarle con voto referendario: è questo quello che vuol dire l’art. 1 Cost. quando dice “nelle
forme e nei limiti della Costituzione”.
Ora, poiché la legge sul
finanziamento pubblico ai partiti non è tra le cinque leggi di cui all’art. 75,
la parola finale, se richiesta, spetta al popolo sovrano.
Questa è l’impalcatura costituzionale
su cui oggi in Italia, Costituzione alla mano, si reggono il potere e la
funzione legislativa. Ne consegue che quando il Parlamento legifera su una
materia sulla quale s’è già pronunciato il popolo sovrano con referendum
abrogativo, riproponendo la situazione prereferendaria, espropria il popolo
sovrano: questo “esproprio” è il punto critico delle leggi quando il
Parlamento, disattendendo il responso
referendario, legifera nuovamente sulla stessa materia.
Venanzio: prof. ci spieghi,
però, come si sono svolte le cose in tema di “finanziamento pubblico ai
Partiti”.
Vezio: stavo passando proprio
all’illustrazione dei vari passaggi che ha caratterizzato tutta la vicenda legislativa sul nostro tema in
questione. Ebbene:
-
il
Parlamento italiano nel 1974 con la
legge n. 195 introduce, per la prima
volta, nell’Ordinamento giuridico italiano il
finanziamento pubblico ai
Partiti;
-
il popolo
italiano nell’aprile del 1993 con un voto referendario, che vede il 90,3%
dei votanti favorevoli all’abrogazione,
cancella la legge n. 195 del 1974.
Dopo il risultato
referendario, tenendo conto di quanto abbiamo fin qui detto, la partita si sarebbe dovuta considerare
definitivamente chiusa. La parola finale spetta, in casi del genere, al
popolo sovrano e il popolo aveva negato con il 90,3% il finanziamento pubblico
ai Partiti.
Non fu così e il Parlamento,
in palese violazione degli articoli 1 e 75 della Costituzione, approva lo
stesso anno la legge n. 515 del 10.12.1993.
Con questa legge e con tutte
quelle che sono state approvate successivamente è stato di fatto ripristinato e
sostanzialmente incrementato il finanziamento Pubblico ai Partiti. Bisogna dire
che i Partiti nell’occasione sono stati anche “furbi” nel prendere in giro gli italiani: hanno cambiato la parola
finanziamento sostituendola con la locuzione “contributo per le spese elettorali”. Ma miei cari amici Voi capite
che anche il finanziamento introdotto nel 1974 serviva anche a finanziare le
campagne elettorali. Perché vi dico questo? Per dimostrarvi, ancora una volta, come
il Parlamento nell’occasione abbia palesemente violato la volontà del popolo
costituzionalmente garantita non solo formalmente, ma anche sostanzialmente. E
purtroppo con la nuova legge che vogliono approvare continueranno a violare la
Costituzione.
Sergio: caro Prof. la
ringraziamo a nome di tutto il Circolo
della Concordia per questa lucida illustrazione.
Romano: cari amici prima di
sciogliere le fila per la cena permettetemi di dire che i giornalisti Stella e
Rizzo non hanno avuto, se così stano le cose, solamente fantasia nel definire
la nostra classe politica “LA CASTA”.
Onorio: direi che non hanno
fatto altro che fotografare la realtà della politica italiana.
Vezio: in effetti quello usato da Stella e Rizzo é
senz’altro il termine più appropriato per definire senza tanti eufemismi lo
status di cui oggi gode la nostra classe politica.
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RispondiEliminaIl problema è la Corte Costituzionale: piacerà anche a lei questa lettura della nostra Costituzione?
EliminaSperiamo...
Giuseppe Castronovo