SETTEMBRE NELLA
POESIA ITALIANA
Pastori d’Abruzzo
Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare.
Ora in
terra d’Abruzzi i miei pastori
lascian
gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono
all’Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.
……
……
Ora
lungh’esso il litoral cammina
la
greggia. Senza mutamento è l’aria.
Il sole
imbionda sì la viva lana
che quasi
dalla sabbia non divaria.
Isciacquio, calpestio, dolci romori.
Ah perché non son io co’
miei pastori?
Gabriele D’Annunzio
Il Poeta, autentico figlio dell’Abruzzo (nasce a Pescara
il 12 marzo 1863, muore a Gardone Riviera
in provincia di Brescia il I° marzo 1938), esprime in questa famosa
lirica un acceso e malinconico pensiero ai pastori delle sua terra che, in
settembre, dai monti scendono nella pianura per trovare un clima più mite e
pascoli più abbondanti per le loro
greggi, anche nella stagione invernale.
Pensiero che si sublima in amore quando il Poeta per ben due volte (alla II^ riga della I^ strofa e alla riga
conclusiva) fa precedere il sostantivo pastori dall’aggettivo possessivo miei.
Non sfuggirà al lettore come i verbi della prima strofa andare, migrare, lasciare,
scendere riescono ad accentuare il
senso di malinconia che accompagna il ricordo dei luoghi della sua infanzia in
uno dei momenti più suggestivi della
vita agropastorale: la transumanza.
Da notare, poi, come nella riga conclusiva il Poeta, pur sapendo di non
appartenere più a quel mondo , manifesta comunque il desiderio di stare con i suoi pastori.
gcastronovo.blogspot.it
Giuseppe Castronovo
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