giovedì 1 febbraio 2018

TRENTATRE ANNI PER FAR RISCUOTERE UN CREDITO NON BASTANO ALLA GIUSTIZIA ITALIANA. CI PENSA LA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA , MA NEL FRATTEMPO IL CREDITORE  PASSA A MIGLIOR VITA

Totò:  è proprio da leggere!
Marco: che cosa?
Totò: questa notizia.
Ludovico: cosa dice?
Totò: l’imprenditore Aldo Cipolletta di Recanati, vince la causa e gli viene riconosciuto il credito dallo steso vantato per una somma di quasi 130.000 euro.
Ludovico: dove sta la notizia?
Totò: tre momenti di riflessione amici miei: 
I°- che sono trascorsi 33 anni da quando ( eravamo nel 1985) il Cipolletta chiese, a termini di legge,  il pagamento del credito vantato nei confronti di una Cooperativa edilizia;
II° - che l’importo, allora a 300 milioni circa, rappresentò una triste vicenda sul piano politico/economico e sociale della città che diede i natali al poeta Giacomo Leopardi;
 III° - che il suo diritto è stato riconosciuto quando il Cipolletta, all’età di 89 anni,  è già  passato a miglior vita.
Ludovico: ritengo che anche alla luce di fatti come questo  la Classe politica tutta e la Magistratura italiana dovrebbero  chiedersi se han fatto tutto quanto era nelle loro possibilità. Se per un credito maturato a 60 anni devo aspettare, in caso di controversie, 30 anni per aver riconosciuto il mio diritto sicuramente c’è qualcosa che non va.
Giacomo: lentezze giudiziarie e caos legislativo che provocano fallimenti di aziende, licenziamenti di operai, banche impossibilitate a recuperare i loro crediti e in definitiva un’economia da quarto mondo.
Questa, amici miei, è l’Italia del P. I. L. che non cresce! Questo è il triste risultato di un sistema che non valuta il lavoro del  potere legislativo e il lavoro dell’ordine giudiziario anche secondo parametri di analisi economica.
Totò: Prof. Vezio ci dica la sua.
Vezio: grazie amici. Qualche riflessione.
Mi sia innanzi tutto consentito chiamarvi a riflettere sul fatto che la soluzione della “vicenda Cipolletta” non è merito dei giudici italiani, ma della Corte Europea dei Diritti dell’uomo (CEDU) .
Per i giudici italiani, infatti, Il nostro Ordinamento giuridico, nonostante la presenza di oltre 150.000 leggi, non prevede una norma, un articolo, un comma  - chiamatelo come volete voi – che permetta  loro di riconoscere al Cipolletta la violazione di un suo diritto, tutelato dalla legge, da parte della Cooperativa edilizia.
Ed è stato così che la Corte Europea dei Diritti dell’uomo ha per l’ennesima volta condannato l’Italia!
Non parliamo poi dell’art. 111 della Costituzione, nel testo novellato dalla legge costituzionale n.2/1999, dove leggiamo che al cittadino deve essere garantita la “ragionevole durata” del processo.  Risparmiatemi ogni commento in merito. Ecco perché langue la nostra economia: le aziende molto spesso sono costrette a chiudere i loro battenti e a licenziare i loro collaboratori   in attesa che ci sia un giudice in grado di trovare  tra le 150.000 leggi  il comma più  idoneo  a risolvere il caso sottopostogli.  Altrimenti detto: un giudice in grado di trovare il classico “ago nel pagliaio”.
Amici miei pensate un po’ cosa possa  significare nella vita di ognuno di noi un arco di tempo lungo 30anni! Altro che “ragionevole durata”, qui possiamo parlare di  “lucida follia”.
  Scusatemi se  mi dilungo più del solito ricordandovi il pensiero del saggio  ceco JAN SOBOTKA:
“E’ dimostrato che si può sopravvivere 3 giorni senza avere acqua, 2 mesi senza ricevere cibo e tutta la vita senza ottenere giustizia”.
(Dai Dialoghi svolti al Circolo della Concordia)
gcastronovo.blogspot.it


Nessun commento:

Posta un commento