TRENTATRE ANNI PER FAR RISCUOTERE
UN CREDITO NON BASTANO ALLA GIUSTIZIA ITALIANA. CI PENSA LA CORTE DI GIUSTIZIA
EUROPEA , MA NEL FRATTEMPO IL CREDITORE
PASSA A MIGLIOR VITA
Totò: è proprio da
leggere!
Marco: che cosa?
Totò: questa notizia.
Ludovico: cosa dice?
Totò: l’imprenditore Aldo Cipolletta di Recanati, vince
la causa e gli viene riconosciuto il credito dallo steso vantato per una somma
di quasi 130.000 euro.
Ludovico: dove sta la notizia?
Totò: tre momenti di riflessione amici miei:
I°- che sono trascorsi 33 anni da quando ( eravamo nel
1985) il Cipolletta chiese, a termini di legge,
il pagamento del credito vantato nei confronti di una Cooperativa
edilizia;
II° - che l’importo, allora a 300 milioni circa,
rappresentò una triste vicenda sul piano politico/economico e sociale della
città che diede i natali al poeta Giacomo Leopardi;
III° - che il suo
diritto è stato riconosciuto quando il Cipolletta, all’età di 89 anni, è già passato a miglior vita.
Ludovico: ritengo che anche alla luce di fatti come
questo la Classe politica tutta e la
Magistratura italiana dovrebbero
chiedersi se han fatto tutto quanto era nelle loro possibilità. Se per
un credito maturato a 60 anni devo aspettare, in caso di controversie, 30 anni
per aver riconosciuto il mio diritto sicuramente c’è qualcosa che non va.
Giacomo: lentezze giudiziarie e caos legislativo che
provocano fallimenti di aziende, licenziamenti di operai, banche
impossibilitate a recuperare i loro crediti e in definitiva un’economia da
quarto mondo.
Questa, amici miei, è l’Italia del P. I. L. che non
cresce! Questo è il triste risultato di un sistema che non valuta il lavoro del
potere legislativo e il lavoro dell’ordine
giudiziario anche secondo parametri di analisi economica.
Totò: Prof. Vezio ci dica la sua.
Vezio: grazie amici. Qualche riflessione.
Mi sia innanzi tutto consentito chiamarvi a riflettere
sul fatto che la soluzione della “vicenda
Cipolletta” non è merito dei giudici italiani, ma della Corte Europea dei Diritti dell’uomo (CEDU)
.
Per i giudici italiani, infatti, Il nostro Ordinamento
giuridico, nonostante la presenza di oltre 150.000 leggi, non prevede una
norma, un articolo, un comma -
chiamatelo come volete voi – che permetta loro di riconoscere al Cipolletta la
violazione di un suo diritto, tutelato dalla legge, da parte della Cooperativa
edilizia.
Ed è stato così che la Corte Europea dei Diritti
dell’uomo ha per l’ennesima volta condannato l’Italia!
Non parliamo poi dell’art. 111 della Costituzione, nel
testo novellato dalla legge costituzionale n.2/1999, dove leggiamo che al
cittadino deve essere garantita la “ragionevole
durata” del processo. Risparmiatemi ogni
commento in merito. Ecco perché langue la nostra economia: le aziende molto
spesso sono costrette a chiudere i loro battenti e a licenziare i loro
collaboratori in attesa che ci sia un giudice in grado di trovare tra le 150.000 leggi il comma più idoneo
a risolvere il caso sottopostogli. Altrimenti detto: un giudice in grado di
trovare il classico “ago nel pagliaio”.
Amici miei pensate un po’ cosa possa significare nella vita di ognuno di noi un
arco di tempo lungo 30anni! Altro che “ragionevole
durata”, qui possiamo parlare di “lucida follia”.
Scusatemi se mi dilungo più del solito ricordandovi il
pensiero del saggio ceco JAN SOBOTKA:
“E’ dimostrato che
si può sopravvivere 3 giorni senza avere acqua, 2 mesi senza ricevere cibo e
tutta la vita senza ottenere giustizia”.
(Dai Dialoghi svolti al Circolo della Concordia)
gcastronovo.blogspot.it
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