martedì 25 giugno 2013

IL SENATORE SILVIO BERLUSCONI E LA MAGISTRATURA ITALIANA NELL'OPINIONE DELL'EX AMBASCIATORE SERGIO ROMANO.



Carissimo Franco,
mi chiedi di esprimere un giudizio sulla condanna a 7 anni di carcere e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici inflitta dal Tribunale di Milano al Sen. Silvio Berlusconi.
No caro Franco, tu sai che sono privo della necessaria  competenza giuridica  in questa materia.
Dinnanzi alla tua insistenza ti rispondo sottoponendo alla tua riflessione  e a quella dei lettori del blog quanto scrive Sergio Romano sul Corriere della Sera del 24/6/2013 (pag. 35)  - quindi prima ancora della sentenza in discussione – rispondendo ad un lettore con una nota dal titolo:

                     
          “IL DUELLO VENTENNALE TRA BERLUSCONI E I MAGISTRATI”

“Caro Felici, il vero tema della sua lettera è una tragicommedia italiana,cominciata poco meno di vent’anni fa e non ancora finita. Proverò a riassumere la trama.
Siamo nel 1993. Le indagini della Procura milanese hanno avuto per effetto il collasso del sistema politico italiano; il crollo del muro e la morte del comunismo hanno fatto il resto. In questo vuoto politico si fa avanti un imprenditore. E’ ottimista, accattivante, promette la rinascita dell’Italia e piace, a giudicare dai risultati elettorali, a un numero considerevole di italiani. Ma ha un evidente conflitto interessi e governa un impero economico afflitto da parecchie vulnerabilità giudiziarie.
I magistrati inquirenti di alcune procure, d’altro canto, si sentono investiti di una missione nazionale, credono che la magistratura non abbia soltanto il compito di applicare le leggi, ma anche e soprattutto quello di vigilare permanentemente sulla pubblica moralità e sul buon funzionamento della democrazia .
Berlusconi diventa così il banco di prova della efficacia delle nuove funzioni e l’imputato di numerosi processi.  A qualche osservatore, fra cui chi scrive, sembra che si cominciato un pericoloso duello fra il potere politico e il potere dei magistrati, un problema a cui occorrerebbe
fare fronte con una doppia riforma: delle istituzioni e dell’ordine giudiziario. Ma l’opposizione, preoccupata soprattutto dell’ascesa di Berlusconi, preferisce lasciare alla magistratura il compito di eliminarlo dalla vita pubblica.
Berlusconi, tuttavia, continua ad avere il consenso della maggioranza relativa degli italiani, vince le elezioni del 2001 e governa per una intera legislatura. Toccherebbe a lui quindi avviare, con la separazione delle carriere fra magistrati inquirenti e giudicanti, la riforma dell’ordine giudiziario. Ma è lecito ad un pluri-imputato riformare la carriera di coloro che lo stanno giudicando?  Fra tutti i riformatori possibili  Berlusconi è quello che offre minori garanzie. Per aggirare l’ostacolo, il presidente del Consiglio usa la sua maggioranza per fare approvare dal Parlamento parecchie leggi di cui i suoi avvocati potranno servirsi per meglio allontanare dalla sua persona gli strali dei magistrati. E’ una politica di corto respiro che rafforza la posizione dei procuratori, li sollecita ad essere sempre più interventisti e allontana nel tempo la riforma dell’ordine giudiziario.
Il risultato, caro Felici, è sotto i nostri occhi. Vent’anni dopo Berlusconi è sempre gradito a molti italiani; i procuratori sono sempre convinti della necessità della loro missione e alcuni di essi continuano a passare con naturalezza dell’aula del tribunale a quella del Parlamento; e la riforma dell’ordine giudiziario è la grande incompiuta del ventennio”.

Caro Franco, sicuro che l’ex ambasciatore Romano abbia  soddisfatto le tue attese più di quanto non avrei potuto  fare io, ti auguro buona lettura e rimango in attesa di conoscere le  tue  riflessioni e quelle dei lettori, che vorranno intervenire.

Cordialità,
Giuseppe Castronovo.


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